Oramai è comprovato da diversi documenti che la coltivazione della saccharum officinarum ha una importante traccia storica nel golfo del Mediterraneo. Giunta nell’odierna Italia meridionale grazie alle popolazioni arabe che l’avevano trasportata dall’Asia meridionale, nel Regno di Napoli veniva trasformata in zucchero fino alla fine del XVI secolo, quando il suo impiego scomparve principalmente a causa dell’arrivo della produzione caraibica, più economica per lo sfruttamento della manodopera indigena.
A cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, le vicende legate alla Rivoluzione Francese, con gli inevitabili sconvolgimenti nei collegamenti commerciali con le Americhe, causarono enormi difficoltà e una drastica riduzione dell’approvvigionamento dello zucchero di canna, determinando l’impennata dei prezzi ma anche l’inizio della ricerca per ottenerlo da fonti alternative. Questo condusse quindi a una rivalutazione della coltivazione della canna da zucchero nel Regno di Napoli, come era già peraltro
avvenuto in Sicilia. Successivamente, nella prima metà del XIX secolo l’industrializzazione della filiera dello zucchero di barbabietola unitamente all’abolizione della schiavitù – per lo meno apparente – portarono alla scomparsa delle coltivazioni di canna nell’odierna Italia meridionale; unica eccezione fu la città di Avola dove se ne distillò il succo per produrre Rum fino all’inizio del 1900 . Negli ultimi anni abbiamo assistito al ritorno della canna da zucchero nell’Italia meridionale, grazie alla passione e alla caparbietà di imprenditori locali che con piccole realtà artigianali hanno ridato vita alla sua coltivazione e alla produzione italiana di B-Rum – Storia e passione nel distillato campano da puro succo di canna rum da puro succo. Ed è proprio con questa filosofia che a Portico di Caserta, in una zona densamente abitata alle porte di Caserta e poco lontana dalla bellissima Reggia, Antonio Di Mattia decide di aprire, assieme alla moglie Sarah, una distilleria agricola nella proprietà di famiglia, puntando sul territorio. Questa volontà di avviare un’attività con una linfa tradizionale ma con un tocco di originalità porta alla nascita del progetto B-Rum di Berolà distillati.
La distilleria agricola e il progetto B-Rum
Grazie a un trascorso di studi in chimica e una passione smisurata per l’arte distillatoria, Antonio e la moglie danno vita alla distilleria agricola e al progetto Berolà a gestione familiare all’interno di un palazzo storico di una corte della seconda metà dell’ottocento, dove la logistica è un limite, ma allo stesso tempo può valorizzare il prodotto in quanto le capacità organizzative consentono la gestione di piccoli batch di produzione. Per Antonio la distilleria stessa è un laboratorio di idee, uno spazio di connessione e condivisione dove possono sorgere nuovi progetti. Non a caso Berolà è l’anagramma di albero, una delle migliori testimonianze di vita e di rinnovamento. Questa anima creativa ha portato l’azienda sviluppare diversi progetti e prodotti, tra cui quello di ottenere un Rum dalla fermentazione del puro succo di canna da zucchero nello stile dei Rum agricoli, attività sui cui la distilleria agricola sta puntando molto. Ѐ così che da un quadro che raffigura delle canne da zucchero che battute dal vento “si piegano ma non si spezzano”, nasce il progetto B-Rum. Antonio ha saputo trasformare l’amore per la distillazione in lavoro anche grazie all’incontro con il maestro Vittorio Capovilla, tramite il quale si è appassionato alla
canna da zucchero e al Rum. Questa connessione con Capovilla ha aperto la possibilità dal punto di vista pratico e operativo di mettere in piedi i primi esprimenti di impianto di canna da zucchero nel casertano. La scintilla del progetto di sviluppo della canna da zucchero nasce nel 2016 con le prime prove che vengono fatte nel giardino di casa e a partire dal 2018 si inizia con l’impianto nei campi. Il taglio e la raccolta sono completamente manuali e Antonio e Sarah sono gli attori principali dell’intero processo produttivo. Il prodotto che nasce è un Rum da puro succo imbottigliato a 51% abv, gradazione che esalta gli aromi del profilo tipico dell’agricolo e cioè della materia prima. Un prodotto che, secondo Antonio, potrebbe affacciarsi a breve anche nel settore della mixology di qualità, magari con una gradazione tra 42% abv e 43% abv.
La piantagione e la raccolta
La piantagione di canna da zucchero si estende attualmente su una superficie di circa 4000m2 ed è stata sviluppata e strutturata a filari distanziati tra loro circa 4mt, un concetto ben lontano dalle “foreste” di canna da zucchero giamaicana, ma più simile al concetto di coltivazione presente a Madeira dove si verifica una specie di europeizzazione nella gestione della piantagione, cioè una disposizione della pianta nella modalità della vitis vinifera. Uno spazio tra i filari che potrebbe risultare non comprensibile ai caraibici. Nell’appezzamento, che dista appena 1km dalla distilleria, l’azienda avrebbe a disposizione un ulteriore ettaro di terreno, che attualmente è pressoché inutilizzato o adibito allo stoccaggio della bagassa. Di certo c’è molto potenziale per un aumento della superficie coltivata, ma da un paio d’anni la produzione si è stabilizzata e dimensionata sulle capacità di manodopera produttiva attuale. Per le prime prove di impianto effettuate con l’aiuto del maestro Capovilla sono state utilizzate canne da ceppi di diversa provenienza e successivamente anche canne di provenienza siciliana. La varietà utilizzata attualmente è principalmente la Cristalline probabilmente proveniente dalle Isole Mascarene, in particolare da La Reunion, anche se al momento non c’è una tracciabilità certa in merito.
Nel casertano la canna arriva alla piena maturazione tra il mese di ottobre e novembre, mesi nei quali si procede alla raccolta manuale. Un periodo ben diverso rispetto a quello che possiamo trovare in Sicilia, ma più simile al periodo di raccolta brasiliana, cioè dopo il periodo estivo. Questo si spiega probabilmente con le ultime primavere del clima italiano, più lunghe e fredde, a cui segue un periodo estivo caratterizzato da alte temperature e assenza di piogge durante il quale avviene la concentrazione degli zuccheri. Verso il termine del periodo di maturazione l’azienda ha verificato che tra settembre e ottobre c’è ancora un aumento del grado zuccherino della canna fino ad arrivare al suo picco, successivamente c’è una stabilizzazione e poi un conseguente calo della concentrazione di saccarosio dovuto alle piogge. La raccolta avviene quindi dopo l’estate, prima dell’arrivo delle piogge di metà autunno che abbasserebbero il grado brix del succo di canna. Il primo impianto, che è arrivato a 5 anni di vita, nel 2023 ha permesso di arrivare intorno ai 13 brix; anche per questo si è già passati al primo reimpianto della radice in quanto i raccolti delle ultime tre annate hanno avuto costantemente un calo della concentrazione zuccherina di 1,5 brix in media. Il 2° e il 3° anno sono stati i migliori come resa zuccherina, nei quali il raccolto ha fornito una media di 15,5 brix. Possiamo dire quindi che la canna da zucchero coltivata offre in media una gradazione tra i 13 e i 14 brix, un dato in linea con quelli che possono essere i valori del centro America, ma 10 brix inferiore rispetto alla gradazione che si trova ad esempio nel clima siciliano. Mentre nel primo periodo di sperimentazione si è dovuto comprendere il comportamento della canna e la sua resa, tenendo in considerazione le possibilità in termini di spazio per effettuare nuovi impianti e sperimentazioni c’è la volontà sviluppare diversi filari monovarietali tenendoli separati per verificarne la resa ed eventualmente pensare a un blend di prodotto; strada peraltro che è stata già intrapresa da diversi produttori anche nel mondo dei Rhum agricole francesi e che a livello commerciale ha avuto un impatto incredibile perché strettamente legata al concetto di
prodotto “premium”. Un plus aggiuntivo del progetto B-Rum è il fatto che, complice anche la ridotta
manodopera impiegata, il processo di coltivazione è del tutto naturale. Come unico trattamento per la pianta viene utilizzata la propoli come rinforzo generico, particolarmente efficace contro gli attacchi fungini e batterici, soluzione di origine naturale e consentita in agricoltura biologica. L’azienda è quindi nella dinamica biologica come regime di lavorazione agricola e come confermato anche da Antonio è
già in programma il raggiungimento della certificazione di agricoltura biologica.
Spremitura e fermentazione
Una volta raccolta e portata nella sede della distilleria, la canna viene spremuta manualmente. Addirittura, nel primissimo batch di produzione, quando l’azienda non era ancora dotata di una macchina spremitrice a motore, i primi 75l di succo erano stati spremuti con una macchina spremitrice “a manovella”. Successivamente nel 2022 la macchina è stata riadattata in modo rudimentale per essere più funzionale, ma la quantità di canna raccolta era comunque sovradimensionata rispetto alle capacità
produttive dell’azienda. Con l’arrivo, direttamente dalla Colombia, della macchina spremitrice automatica a inserimento manuale, l’azienda di Antonio ha avuto la possibilità di aumentare notevolmente le quantità di materia prima lavorata e quindi di puro succo ottenuto dalla spremitura. Una spremitura che è unica, cioè la canna viene passata in macchina una volta soltanto; questo perché con l’abbondanza di materia prima disponibile attualmente, non si rende necessario un secondo passaggio di spremitura; di conseguenza la resa è di circa il 55% rispetto al vero potenziale offerto dalla canna. Con questi dati alla mano, possiamo dire che i numeri e i metodi di lavorazione della canna nell’azienda di Antonio richiamano quelli della moltitudine di piccole aziende di Cachaça brasiliane. La bagassa, il residuo solido della spremitura, viene riportata sui campi per essere lasciata essiccare ed essere poi smaltita, punto non banale e da non trascurare nel processo produttivo.
Il succo così spremuto passa poi alla fase di fermentazione, la quale ha una durata di circa otto giorni; una volta che il bacino di fermentazione è stato riempito viene chiuso per permettere la fermentazione anaerobica in pieno stile Capovilla. Nel processo di fermentazione attuale l’innesco viene apportato manualmente attraverso lieviti selezionati. Nei batch produttivi dei primi anni, quando la raccolta era stata fatta nel periodo estivo, data la presenza di temperature elevate era stata sperimentata persino una fermentazione spontanea, con buoni risultati. Date le recenti scelte di procedere al raccolto nel periodo di fine ottobre, con temperature più basse e una riduzione dei lieviti nell’atmosfera, si è preferito procedere con una fermentazione con i lieviti selezionati, perché quella spontanea sarebbe stata troppo rischiosa. La fermentazione come sappiamo è l’origine degli aromi secondari, cioè l’insieme di congeneri, la paletta aromatica che si crea grazie all’azione dei lieviti. Fermentazioni più o meno lunghe comportano delle differenze gusto-olfattive importanti. La scelta di Antonio di mantenere una fermentazione più lunga di una settimana si traduce nella presenza di sentori spiccatamente vegetali che possono ricordare i rum di Haiti, sicuramente delle note che contraddistinguono una nicchia di prodotto che sta ottenendo un’ottima risposta dal mercato considerando i ridotti volumi di produzione
rispetto ai fratelli “da melassa”.
Distillazione
Il fermentato ottenuto viene quindi trasferito in un alambicco artigianale discontinuo a bagnomaria, della linea dei Müller forgiati seguendo le richieste specifiche del “Capo”, con una capienza massima di 200l, che viene caricato tra i 170l e i 180l. L’alambicco è formato da un piccolo pot riscaldato a bagnomaria con un cap con deflemmatore; non sono presenti colonnine di rettifica o piatti di rettifica e nemmeno uno scambiatore termico di preriscaldamento del fermentato “chauffe vin”. Successivamente è presente un sistema refrigerante ad acqua a fascio tubiero dove avviene la condensazione dei vapori alcolici.
In questo meccanismo a doppia distillazione, mentre il fermentato viene riscaldato nel pot a bagnomaria e i vapori alcolici iniziano a risalire, l’acqua fredda scorre direttamente nel refrigeratore. Nel sistema di refrigerazione avviene uno scambio termico tra i vapori alcolici che entrano e l’acqua fredda, la quale nello scambio tende a riscaldarsi dato che i vapori nel frattempo tendono a condensare. L’acqua che nello scambio termico si è riscaldata a una certa temperatura, viene convogliata nella parte del deflemmatore, dove incontrerà i vapori alcolici creando in questo punto un “livello termico” che gli stessi vapori devono superare per poter arrivare poi al refrigeratore: è un punto di deflemmazione in cui le parti più pesanti e acquose tendono a ricadere e l’alcool tende a concentrare lievemente. Questo funzionamento può ricordare l’alambicco a 3 corpi utilizzato da diverse distillerie di Cachaça traditional de alambique in discontinuo; anche questo un meccanismo di doppia distillazione composto da preriscaldatore, distillatore e caldaia, dove avviene il meccanismo di distillazione per caduta tramite il quale si riescono ad abbreviare i tempi e ottimizzare la produzione ma anche ad aver già eliminato la coda nei passaggi di preriscaldamento. Con il doppio passaggio di distillazione Antonio ottiene una resa di circa il 7% rispetto alla base fermentabile, ricordando che vengono tagliate le code e una parte delle teste di distillazione. In poche parole con la prima distillazione si estrae solo la flemma, senza procedere al taglio di teste e cuore, a una gradazione di 38-40% abv; con il “secondo passaggio” viene effettuato il taglio di cuore, testa e code in base alle esigenze e il cuore viene collezionato tra 80% abv e 82% abv, che è il grado alcolico di alambicco del distillato finale. La gradazione raddoppia quindi dal primo al secondo passaggio, ma come ci conferma lo stesso Antonio non ci si spinge mai a concentrare più del 60% di alcool in questo passaggio, piuttosto viene fermata la distillazione perché il distillato inizia a virare troppo a livello aromatico a causa di una prima presenza di code. Le code di distillazione, una volta tagliate e immagazzinate in un secondo recipiente, vengono poi recuperate e reimmesse nella distillazione successiva in modo da evitare dei cali di resa importanti nella qualità del distillato finale.
Affinamento e Imbottigliamento
Grazie alla spinta della nuova macchina spremitrice la distilleria agricola è passata da un batch di circa 95l nel 2022 a un batch di 600l di prodotto bianco stoccato con la produzione di ottobre 2023. Il distillato a gradazione piena – brut de colonne – senza diluizioni viene messo a riposo in vasche di acciaio inox non completamente colme per almeno sei mesi e fino a un massimo di un anno e mezzo, per avere la giusta interazione con l’ossigeno (che permette lo sviluppo di acidi) e un efficiente processo di esterificazione (combinazione di acido e alcol). Successivamente all’esterificazione, il prodotto viene diluito per ottenere la gradazione desiderata prima della fase di imbottigliamento. In particolare, dopo essere stato diluito il distillato passa almeno altri 15-20 giorni in fusti di acciaio per stabilizzarsi, per poi andare in bottiglia a 51% abv, dove rimane per circa un mese per ulteriore stabilizzazione prima di essere commercializzato…B-Rum è pronto! Viene imbottigliato nel range tra 50% abv e 55% abv dove si esaltano le componenti eteree come ad esempio l’acetato di etile e i componenti più volatili che sono caratterizzati solitamente da materie prime e fermentazioni particolari. In questi casi, come si nota anche nei Rhum agricole francesi, le componenti eteree e i congeneri aromatici che portano note fresche, balsamiche, mentolate, terrose vengono supportati e spinti dalla gradazione. Ma il progetto B Rum non è solo rum bianco. Attualmente una piccola parte della produzione 2023 di B-Rum è stata dedicata all’invecchiamento in una cantina naturale scavata nel tufo, luogo con un buon tasso di umidità e con una temperatura che si attesta tra i 7°-8°C d’inverno e i 12°-13°C d’estate. In questo modo si riesce a gestire abbastanza bene l’angel share, nonostante quest’ultimo sia consistente perché vengono utilizzate delle botti di piccola taglia, dai 60l ai 100l. Queste botti, da un certo punto di vista, comportano una micro accelerazione del processo di evoluzione; proprio per questo motivo non viene tenuto un invecchiamento superiore ad un anno per la gamma in affinamento in questo momento, per evitare di snaturare o sovrascrivere le caratteristiche organolettiche del prodotto.
Da piccole realtà a movimento di massa
La creatività di Antonio, la sua passione e la sua volontà di trovare soluzioni da proporre al mercato sono il motore di Berolà. Certamente a livello aziendale avere la possibilità di sperimentare e poter proporre delle linee di prodotto con varietà diverse, è un valore aggiunto. In questo momento di forte crescita dei prodotti premium, il prodotto B-Rum mira a stabilirsi in quella nicchia di mercato dei prodotti di qualità che non devono muovere un numero eccessivo di bottiglie per essere apprezzati e compresi da una determinata fascia di consumatori. L’azienda, data la sua struttura, rientra in quell’insieme dei siti di produzione che di base non sono strutturati come le grandi aziende produttrici di Rum, ma allestiti in una vera realtà a gestione familiare in cui gli spazi stessi vengono adattati all’intero processo produttivo del distillato di canna. La questione logistica, oltre agli step produttivi e di stoccaggio, sono tutte parti del sistema produttivo che hanno un forte impatto e non sono semplici e fluide da processare come magari si può pensare in prima battuta. Un aspetto che può anche trasformarsi in un punto a favore nell’ottica della commercializzazione finale del prodotto, tanto da renderlo di nicchia e non accessibile a tutti date le ridotte quantità rilasciate nel mercato. Concetto che ha sicuramente dato una spinta negli ultimi anni alla diffusione dei rum bianchi di qualità da puro succo ad esempio, dove il prodotto ha una materia prima che ha già una qualità di base: dal mondo della cachaça al rhum agricole, ai grog, ai clairin, sono prodotti bianchi che hanno qualità, complessità organolettica, ricchezza e un’ottima beva. Il trend su queste tipologie di prodotto è in forte crescita anche grazie al lavoro eccezionale sul territorio italiano e non di Luca Gargano che ha contribuito all’introduzione di nuovi concetti sul puro succo e sulla materia prima che hanno stimolato la curiosità dei consumatori e innescato meccanismi tali da portare queste categorie ad avere “vita propria”, cosa che era impensabile fino a poco tempo fa B-Rum di Berolà è un’altra testimonianza di questo nuovo movimento, direttamente sul nostro territorio. Una piccola grande onda legata a questo sud Italia che grazie alla geografia e al clima coltiva canna da zucchero e produce rum da puro succo. Un concetto molto legato alla materia prima e alla coltivazione della canna da zucchero, dove sono presenti tante piccole realtà che assieme creano un’onda che si sta affacciando a un mercato. Piccole distillerie, come quella di Antonio, con piccoli numeri, che si scontrano con i numeri del mondo caraibico. Una strada già tracciata dai produttori di Madeira, esempio provato che l’unione fa la forza. Una strada che vale la pena seguire perché potrebbe fare più rumore e ne potrebbero trarre giovamento tutti.
Un sentito ringraziamento ad Antonio Di Mattia di Berolà distillati per la condivisione di tutte le informazioni riguardanti la distilleria e il processo produttivo del progetto B-Rum.