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L’utilizzo delle chips di legno per invecchiare la cachaça, tra regolamentazione e ricerca accademica. E il rum? – seconda parte 2/2 –

Gli amici da Mapa da Cachaça hanno riportato questo interessante articolo riguardo la possibilità di utilizzare nell’invecchiamento della cachaça le chips di legno oltre al tradizionale uso della botte, e se applicassimo questo metodo anche nel vicino di casa caraibico?

Se hai già letto la prima parte dell’articolo, Chips di legno per invecchiare la cachaça , allora continua pure e buona lettura!

dornas ageing cachaça

Botte vs Chips: differenza tecnica

Ѐ essenziale avere ben chiara la motivazione per cui l’affinamento in botte e lo stoccaggio con chips di legno siano due processi differenti.
Per essere considerato affinamento o invecchiamento è necessaria la presenza dell’ossigeno, resa possibile attraverso le porosità del legno della botte. Questo non potrebbe mai accadere in contenitori inerti in acciaio o in vetro. La micro-ossigenazione attraverso le doghe delle botti permette la scomposizione delle macromolecole del legno, come la lignina, e altre reazioni essenziali per la formazione di specifici composti aromatici che caratterizzano appunto il processo di affinamento. Chimicamente, l’etanolo (alcol) rompe l’emicellulosa e la lignina delle doghe, liberando determinati congeneri aromatici solubili in alcol: tannini ellagici, lattoni, acidi grassi, aldeidi, polifenoli, fenoli e i loro composti organici. La micro-ossigenazione permette quindi l’ossidazione di alcuni di questi composti, dando origine ad acido siringico e acido vanillico i quali, combinandosi con l’alcol etilico (esterificazione), danno il siringato di etile e il vanilato di etile; questi ultimi sono esteri che possiamo associare a sentori si spezie, vaniglia, peperoncino, mandorla, fiori, cioè quei congeneri aromatici che andranno a caratterizzare il bouquet del distillato.

Oltre a donare questi aromi terziari al distillato l’affinamento in botte implica dei fenomeni di riduzione come evaporazione, ossidazione e assorbimento caratteristici e non trascurabili.

schema chimico flavour

Figura: Struttura chimica dei marcatori di invecchiamento derivanti dalla scomposizione della macromolecola di lignina e loro descrizioni sensoriali

Le prove accademiche

D’altra parte, studi accademici provano che la conservazione con l’utilizzo di chips di legno porta a un prodotto con delle differenze chimiche e sensoriali importanti rispetto a quanto si ottiene con l’affinamento in botte.
Esperimenti effettuati sul vino hanno dimostrato che con la conservazione in contenitori inerti e l’utilizzo di chips di quercia per una durata di sei mesi i composti fenolici come la vanillina e l’acido ferulico sono più presenti, rispetto alla maturazione in botte (con stessa durata) dove spicca l’acido siringico composto. Nei primi due mesi l’estrazione di vanillina è più rapida nella conservazione con chips, mentre nei mesi successivi si osserva la stessa stabilizzazione dell’estrazione in entrambi i metodi. Per quanto riguarda l’acido siringico, vengono estratte concentrazioni più elevate durante i primi mesi dell’affinamento in botte, mentre dal quinto mese l’estrazione derivante dal chip storage supera quella del classico barrel aging.

Nel mondo della cachaça, ben dieci anni fa sono stati effettuati test con chips di quercia di diversa provenienza, con livelli di tostatura e intensità differenti, per la valutazione dei congeneri da invecchiamento quali acido gallico, vanillina, acido vanillico, acido siringico, siringaldeide, coniferaldeide: l’aumento del livello di tostatura delle chips ha migliorato l’estrazione dei marcatori di invecchiamento nella cachaça, mentre l’origine delle chips ha avuto poca influenza su questo aspetto.

Botte & Chips: potenziale partnership

Altri studi realizzati nel 2022 in relazione allo stoccaggio con chips di legno, hanno scoperto che anche se la composizione dei composti fenolici aveva proporzioni simili a quelle che si trovano in cachaças invecchiate in botti di rovere, nella valutazione sensoriale le cachaças stoccate con chips erano considerate prive di difetti, ma allo stesso tempo prive di corpo e complessità aromatica, con una debole associazione al legno di quercia.

Da questi studi si è dedotto addirittura che le chips di legno siano state utilizzate per uno scopo diverso da quanto stabilito dalle legislazione, cioè non in contenitori inerti per lo stoccaggio, bensì in barili con lo scopo di standardizzare il prodotto finale. Ciò suggerisce, in questo contesto, l’inserimento di chips all’interno di botti di uso intensivo, come processo di supporto per standardizzare il colore e aumentare l’estrazione dei composti fenolici. Una sorta di processo di rifinitura del prodotto, utilizzando botti di terzo riempimento che forniscono al distillato basse concentrazioni di composti fenolici rispetto a botti di primo e secondo riempimento. Questo metodo potrebbe permettere di utilizzare le stesse botti per periodi di tempo più lunghi, consentendo anche i livelli di micro-ossigenazione necessari per il processo di invecchiamento.

Possiamo quindi affermare che la normativa introdotta in Brasile non sia una pura formalità legislativa o commerciale, ma piuttosto una necessaria regolamentazione di uno step produttivo con caratteristiche molto diverse.

cachaça cask

Chips nel Rum: nuova frontiera o semplice moda?

A fronte degli studi effettuati, l’utilizzo di chips di legno non dovrebbe necessariamente diventare un’alternativa alle botti tradizionali o rigenerate. Tuttavia, sulla base di questi risultati, è opportuno considerare nuovi orizzonti grazie all’uso di chips nel processo produttivo della cachaça, tenendo conto degli standard di identità e qualità stabiliti dalla legislazione brasiliana. Dal punto di vista economico, i frammenti di legno, chips o trucioli, possono essere sicuramente una materia prima più accessibile rispetto alle botti; questo si traduce di conseguenza in prezzi più convenienti per i consumatori che sono disposti a provare questa nuova gamma di cachaças stoccate con chips di legno. L’uso dei frammenti di legno in modo economicamente responsabile può anche contribuire a proteggere le specie minacciate di estinzione, dato che molte di queste sono a rischio a causa dello sfruttamento esasperato, con poco o addirittura nessun controllo ambientale, come nel caso dell’amburana e jequitibá rosa, tra i più utilizzati, e amendoim, castanheira, grápia.

Data l’importanza di questo metodo sia a livello di sostenibilità che a livello economico, è lecito chiedersi se l’utilizzo dei frammenti di legno possa guadagnare terreno in generale nel mondo del distillato di canna. Dopo aver dimostrato che l’utilizzo delle chips e l’affinamento tradizionale in botte sono due processi ben diversi, molto dipende da cosa si vuole ottenere come prodotto finale, date le molteplici possibilità a disposizione. Ancora una volta il mondo della cachaça ha agito con tempestività rispetto al resto del mondo del distillato di canna; ha senso quindi pensare che lo stoccaggio con chips di legno possa essere regolamentato in futuro anche per mondo del rum in generale.

La scelta di un produttore di orientarsi anche verso questa tecnica può essere dettata da diverse motivazioni, come quella economica o quella ambientale; ma anche la possibilità di offrire una nuova gamma di prodotti con profili aromatici diversi rispetto a quelli ottenuti con affinamento tradizionale. Ultimo, ma non meno importante, è l’aspetto della novità: come potrà ripercuotersi l’utilizzo delle chips di legno sui professionisti del settore e soprattutto su appassionati e clienti medi? Da secoli ormai l’idea di affinamento del distillato di canna è vincolata inevitabilmente alla botte, una milestone non soltanto pratica, ma legata strettamente anche alla storia, a miti e leggende del distillato di canna da zucchero; una componente essenziale quanto affascinante, radicata ormai nella mente degli appassionati. L’approccio con le chips di legno quindi potrebbe essere visto alla stregua di quelle che sono le edulcorazioni con zuccheri invertiti, o addirittura come un’introduzione di un “artifizio” che rende meno affascinante il prodotto finale. Sicuramente sarà complicato scalfire il fascino del barile, ma il mercato ci ha anche abituato a continue evoluzioni e ad approcci open-mind oramai inevitabili in questo momento storico. Una cosa è certa, anche questa volta il responso ce lo daranno i pirati.

Un ringraziamento particolare ad Amanda de Andrade Marcondes Pereira, Ricercatrice dell’Università di Saõ Paulo, Piracicaba, per le informazioni fornite e per aver esplorato la tematica dell’utilizzo delle chips di legno nella produzione della cachaça e a Felipe Jannuzzi per averci concesso la riproduzione su leviedelrum.it

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